Mi accorgo con stupore che il Baule è rimasto chiuso quasi un anno!
Eppure di libri, vecchi e nuovi, tra le mie mani ne sono passati davvero tanti e, con essi, tante idee e voglia di raccontarveli.
Va bene.
Rimedio subito.
Dal Baule di Bliblila (un pò impolverato) ho ripescato un libro che ha sempre avuto su di me un fascino irresistibile.
Riguardandolo e sfiorandolo con le punta delle dita, ho risentito quell'emozione fatta di magia, sogno e nostalgia provata da bambina. Quella sottile eccitazione che ti avvolge quando sai di stare per fare un salto in un'altra dimensione, in un'avventura incredibile.
I RACCONTI DELL'ARCOBALENO
di Anne-Marie Dalmais - A. Mondadori ed., 1985, ill. di Violayne Hulné, pp. 152
Ero piccola quando mia madre tornò a casa con un regalo per me; avrò avuto sei anni.
Altri elementi contribuirono a enfatizzare queste emozioni e il mio affetto per questo libro.
Con gli occhi di adesso, apprezzo nuovi aspetti.
Per esempio i delicati e bellissimi acquerelli della Hulné: le energiche composizioni delle scene d'azione...
... e di certi luoghi.
Un'ultima cosa, nel rileggere il libro, mi ha stupito.
Un particolare, di sicuro casuale, a cui mai ho prestato attenzione finora.
Una scena illustrata (in particolare la posa di una delle contadine e gli alberi) ricorda visibilmente quella rappresentata in un enorme quadro che ho appeso in camera fin dall'infanzia.
Coincidenza?
Eppure di libri, vecchi e nuovi, tra le mie mani ne sono passati davvero tanti e, con essi, tante idee e voglia di raccontarveli.
Va bene.
Rimedio subito.
Dal Baule di Bliblila (un pò impolverato) ho ripescato un libro che ha sempre avuto su di me un fascino irresistibile.
Riguardandolo e sfiorandolo con le punta delle dita, ho risentito quell'emozione fatta di magia, sogno e nostalgia provata da bambina. Quella sottile eccitazione che ti avvolge quando sai di stare per fare un salto in un'altra dimensione, in un'avventura incredibile.
I RACCONTI DELL'ARCOBALENO
di Anne-Marie Dalmais - A. Mondadori ed., 1985, ill. di Violayne Hulné, pp. 152
Ero piccola quando mia madre tornò a casa con un regalo per me; avrò avuto sei anni.
Forse ero anche influenzata, non
ricordo con precisione.
Ricordo però il contenuto di quel
regalo: un libro.
In effetti molti dei miei libri sono
stati “doni di consolazione” nei periodi di febbri e malattie infantili. Amici
di cuscino e di convalescenza, ottimi compagni nel combattere la noia e la
solitudine. Perfetta distrazione.
Il libro in questione mi sembrò
subito bellissimo, grande, spesso, con quella copertina rigida e dalla lieve
plastificazione zigrinata. Una copertina ricca, magica, colorata.
Facevo correre le dita
sull’immagine stampata e sentivo i rilievi della criniera del cavallo e della
sciarpa dai mille colori di una bellissima fanciulla che, come avrei poco dopo
scoperto, altro non era che la protagonista della storia.
Il titolo mi affascinava
ulteriormente: I Racconti dell’Arcobaleno.
E quella sciarpa dalle righe
multicolori sottolineava la mia curiosità e l’attrazione verso quella
misteriosa fanciulla.Altri elementi contribuirono a enfatizzare queste emozioni e il mio affetto per questo libro.
Il primo fu il ruolo di mediazione
che il libro ebbe nel rapporto con mia madre.
Forse per la mia età, o forse per
l’influenza, mia madre decise di leggermi, ogni sera, un pezzetto di quella
storia. Si sedeva accanto a me e raccontava, mentre io scorrevo i lunghi testi incorniciati e rotolavo, grazie alle
illustrazioni, in mondi lontani.
Ogni volta che guardo il libro,
penso a mia madre e alla sensazione di protezione di allora.
Il secondo elemento, parte
integrante della storia, sono i fiori.
Ma faccio un passo indietro.
Pur intitolandosi I racconti dell’arcobaleno, il libro è
un vero e proprio romanzo (breve).
Ognuno dei nove capitoli è un
racconto, un episodio, uno step
dell’avventura vissuta dai due protagonisti.
Ambientata in un paese mediorientale (non
meglio identificato), in un palazzo di marmo rosa nel bel mezzo del deserto, la
vicenda inizia presentandoci la principessa Iride (quale nome più azzeccato),
unica figlia femmina di un “feroce sultano” sempre in guerra.
La fanciulla, vegliata dalla fedele
nutrice e dalla zia materna, trascorre il tempo imparando a ricamare, a suonare
e a passeggiare, adornata dalla sua inseparabile sciarpa multicolore, nei meravigliosi
e sontuosi giardini ricchi di fontane ma privi… di fiori.
Un giorno giunge a palazzo un bellissimo
giovane, vittima di un naufragio, che rivela d’essere un principe d’Occidente:
Artù di Millefiori.
Inutile dire che i due giovani si
innamorano subito uno dell’altro.
Artù decide di chiedere la mano
della bella Iride al Sultano che, non concorde ma rispettoso di un qual certo galateo,
decide di sottoporre il principe a prove impossibili che, se superate, lo
vedranno premiato secondo suo desiderio.
La sfida consiste nel recuperare
sette fiori, ognuno di uno dei sette colori dell’arcobaleno (e della sciarpa
della principessa); portarli vivi a Palazzo in modo da adornare e completare il
giardino.
Da qui comincia l’incredibile
avventura di Artù che, in ogni episodio, parte da palazzo, attraversa terre
lontane, si confronta con situazioni diverse, affronta pericoli, incontra amici
e nemici, in un viaggio che pare interminabile.
Talvolta aiutato da espedienti
magici, supera faticosamente tutte le difficoltà del lungo cammino, portando alla bella Iride
i fiori tanto desiderati: la Viola, la Campanula, il Fiordaliso, il Tulipano
verde, il Ranuncolo, il Nasturzio e il Papavero.
Un fiore per ogni colore, viola,
indaco, blu, verde, giallo, arancio, rosso, fino a formare… l’arcobaleno.
Una storia dall’impianto classico.
Due giovani, l’amore, l’ostacolo e
la sfida, le prove da superare, la magia…
Potrei rintracciare mille percorsi
interessanti in questo racconto, uno su tutti il tema dell'incontro, dell’amore e dell'attrazione (quasi fatale) tra due mondi “diversi”,
l’Oriente e l’Occidente; il tentativo di separazione dal cattivo di turno e la lieta
unione e completezza finale dei due universi.
Iride, l’insieme dei colori, e Artù
di Millefiori, portatore di ciò che al deserto manca.
Ma torno alle mie memorie di
bambina.
I fiori.
Due di questi fiori, in
particolare, mi rimasero impressi.
Forse per il nome difficile, forse perché
non li conoscevo, ma ancora adesso mi porto dietro un’analoga sensazione di mistero e
fascino quando li sento nominare o li incontro: il Ranuncolo e il Nasturzio.
Ogni capitolo porta il nome e l’immagine
di uno dei sette fiori che Artù recupera nel suo viaggio.
Il legame tra il fiore e i colori
della sciarpa di Iride mi entusiasmava; così come mi divertiva ricercare, in
ogni illustrazione, la bella principessa dalle incantevoli vesti, diverse in
ogni episodio ma sempre abbinate all’immancabile velo multicolore.
La femminilità e la radiosità della
protagonista mi allagavano gli occhi. La grazia delle sue movenze mi ammaliava.
Al contrario, ricordo che alcune immagini mi suscitavano un sentimento di ansiosa compartecipazione e preoccupazione quando percepivo che il principe stava per finire nei pasticci.
Illustrazioni in cui la composizione favoriva il contatto (se pur separato) di due spazi, come queste:
La soluzione tanto vicina... incontrava un "muro", un inghippo inevitabile.
Io, come il "cattivo", potevo vedere entrambe le situazioni, ma non potevo in alcun modo avvisare e salvare il mio beniamino!
Con gli occhi di adesso, apprezzo nuovi aspetti.
Per esempio i delicati e bellissimi acquerelli della Hulné: le energiche composizioni delle scene d'azione...
... la ricchezza dei particolari e lo studio realistico della natura...
... e di certi luoghi.
(alcuni per noi riconoscibili, no?) |
Un particolare, di sicuro casuale, a cui mai ho prestato attenzione finora.
Una scena illustrata (in particolare la posa di una delle contadine e gli alberi) ricorda visibilmente quella rappresentata in un enorme quadro che ho appeso in camera fin dall'infanzia.
Coincidenza?
Le quattro stagioni: Estate di Ivan Lackovic Croata (1932) |
Ho fatto qualche ricerca per ottenere informazioni sulle due autrici (Anne Marie Dalmais e Violayne Hulné) ma, purtroppo, non ho trovato nulla di significativo e chiaro.
Il libro pare essere invece fuoricatalogo e introvabile (o quasi).
Insomma, questo libro me lo terrò stretto stretto.
Assieme al ricordo sensoriale ed emozionale (della "me bambina") dichiaratamente e vivacemente cromatico, floreale e femminile.
E, ovviamente, materno.
Buone colorate Letture!
Che meraviglia, anche io ancora ce l'ho e leggerlo da piccola mi dava le stesse sensazioni che tu hai descritto così bene!
RispondiEliminaOra lo leggo alle mie bimbe :-)
Cara omonima :P questo è un libro meraviglioso!
EliminaE alle tue bimbe piacerà moltissimo, ne sono certa :D
Ila